A cura di Giorgia Aldrighetti – Dott.ssa in Filosofia ed educatrice nido

La meraviglia è propria della natura del filosofo; e la filosofia non si origina altro che dallo stupore.
(Platone)

A tutti piace ricordare che, come ci raccontavano Platone e Aristotele, la filosofia inizia con il senso della meraviglia, e che sia compito di tale disciplina tenere alto lo stupore provato «di fronte al darsi delle cose».  

Non è facile, tuttavia, essere più precisi, e il rischio è che questo modo di presentare le cose si riduca a una semplice metafora.

Se la meraviglia – essendo essenziale all’uomo – gli appartiene per natura, ben più problematica appare infatti la capacità di esser in grado di stupirsi ancora.

Oggi il sentimento di “meraviglia” è sempre più assopito, sempre più schiacciato sotto il peso delle presunte certezze che definiscono la nostra vita, è continuamente mascherato dalle mille regole che governano le nostre azioni, dall’incapacità di esercitare il senso critico e la pratica del dubbio.

Oggi più che mai, gli unici a fuggire questo sopore intellettuale sembrano essere i bambini, i quali, ancora traboccanti di stupore e liberi dalle barriere dell’ovvio, non esitano a divenire piccoli filosofi nei loro mondi dei perché. Chiedono, ricercano, curiosano, osservano, immaginano e non si fermano alla prima apparenza. Essi, molto meglio degli adulti, rinnovano le prospettive delle domande e ci richiamano a un ritorno di quell’intimo rapporto tra filosofia e meraviglia.

Perché fare filosofia assieme ai bambini?

Negli ultimi anni la filosofia, con i suoi esperti, ha dato finalmente voce al mondo dell’infanzia e si è fatta spazio fra le seggioline degli asili e i banchi di scuola per condurre delle osservazioni e dei giochi filosofici sul campo.

Pare che le riflessioni dei più piccoli contribuiscano  a  rendere  più vive  e  innovative  le  riflessioni su tematiche  quali  il tempo, lo spazio, l’immaginazione, la fantasia, la creatività, l’etica, l’amicizia, il corpo… insomma il terreno più fertile per qualsiasi filosofo.

Le pratiche di fare filosofia con i bambini sono diverse; alcune si basano sulla lettura e riflessione comunitaria di storielle filosofiche (per bimbi più grandicelli!), altre pratiche progettano eventi e percorsi didattici utilizzando gli strumenti che provengono dal mondo della filosofia e della didattica dell’arte. Altri, sulla scia di Rodari, Munari giocano con l’intreccio di fantasia, creatività, invenzione partendo dalle parole e dalle immagini.

Questi sono solo alcuni dei tanti approcci, ma prima di vederli tutti nel dettaglio vi lascerei con un consiglio di lettura.

Alison Gopnik è una docente e ricercatrice all’università di Berkeley ed è un’esperta di rilievo internazionale nello studio dell’apprendimento infantile e il pensiero del bambino.

Nel suo libro Il bambino filosofo si argomenta la tesi per cui la mente dei bambini sia strutturata in maniera tale da far apprendere loro tutto quello che accade, mantenendo una plasticità mentale e una capacità di cambiamento degna di nota. Le sue riflessioni si soffermano sull’importanza del gioco simbolico e del «far finta di» e di come i bambini per buona parte della loro esistenza dedichino il loro tempo a questo scopo. Ecco perché da piccoli siamo impegnati su due fronti: «imparare come funziona il mondo e immaginare come potrebbe funzionare altrimenti». Da grandi, mettiamo a frutto tutto quello che abbiamo imparato e immaginato.

Nel libro Il bambino filosofo l’autrice parla inoltre di: immaginazione, coscienza nei bambini, di come essi siano in grado (fin da piccolissimi) di creare mappe mentali per comprendere il mondo, spiega come le esperienze infantili ci guidino nel nostro modo di crearci una vita.

È un libro che parla di emozioni, empatia e altruismo nella primissima infanzia perché conoscere i bambini (quelli che infine eravamo noi ieri) aiuta a conoscere gli adulti che siamo oggi.

BUONA LETTURA!